I Grandi Classici: E.T.

E.T. è stato per anni un progetto caro a Steven Spielberg. Il successo de “I Predatori Dell’Arca Perduta” lo aveva lanciato a Hollywood, ma per lui questo non era abbastanza. La sua acclamata favola aliena poteva essere, secondo il suo parere, un film molto più personale.
È facile capire perché il regista sia così affascinato da E.T., l’archetipo amico alieno che non è solo reale ma che può usare la telecinesi, e la cui sopravvivenza dipende dall’amore e dall’empatia di un bambino, perché gli adulti sono troppo concentrati su loro stessi, troppo occupati, troppo cresciuti per accorgersi di lui.
Tra i suoi tanti punti di forza, la recitazione dei tre bambini è straordinaria. Lodi assolutamente mirate sono state dedicate a Henry Thomas nei panni di Elliott, il cui legame con E.T. è talmente forte da permettergli di percepire le emozioni dell’alieno e di soffrire mentre muore. Ma anche Robert MacNaughton, nei panni del fratello maggiore Michael, si rivela un attore di talento e, ovviamente, Drew Barrymore di soli sette anni che ruba la scena a tutti con la sua angelica Gertie.
Lo stile della regia di E.T. è più sciolto rispetto a tutti gli altri film di Spielberg e la luce soffusa e nebbiosa che caratterizza quasi ogni scena fa da contrappunto al dialogo naturale, mentre la fotografia non intrusiva e dallo stile quasi da documentario funziona in maniera brillante. Perché riesca a evocare in modo così vivido la quintessenza della fanciullezza resta un mistero.

Qualunque sia la magia cinematografica al lavoro in questo film, E.T. è profondamente commovente, una gemma girata in maniera perfetta. 


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