Unbroken: riflessioni sul film



Tra le sfide più ardue di questa stagione cinematografica vi è quella di portare sul grande schermo un'opera biografica su un personaggio tanto osannato dal popolo americano. Unbroken è la storia di  Louis "Louie" Zamperini: atleta e militare divenuto eroe dopo un'esperienza di guerra travagliata alla quale viene dedicata l'intera pellicola. Coinvolto nel secondo conflitto mondiale, la sua vita viene stravolta da un incidente aereo che lo costringe ad una dura sopravvivenza in mare a bordo di un gommone insieme ad altri due compagni. Dopo quarantasette giorni di condizioni precarie verranno "salvati" dall'esercito giapponese e costretti a lavorare in un campo di prigionia. Qui subiranno numerosi maltrattamenti fisici e morali fino al riscatto finale del protagonista.

Devo dire che mi immaginavo un film ambizioso, pronto a includere gli elementi classici dei più acclamati film di guerra o sulla sopravvivenza alla prigionia pur di riscattarsi da tutti quei pregiudizi e scetticismi che nascevano appena si sentivano le parole "dalla regista Angelina Jolie". Al contrario lo ritengo un film senza troppi fronzoli che riesce ad essere efficace in tutta la sua durata.



Quello che mi aspettavo era quindi un blockbuster monumentale. lo suggerivano alcuni dei grandi nomi dei collaboratori che facevano pensare ad un film molto differente rispetto al primo della regista Jolie, Nella terra del sangue e del miele, caduto purtroppo nel dimenticatoio. Sto parlando di Universal Pictures alla produzione,  Joel ed Ethan Coen alla sceneggiatura (il grande Lebowski, non è un paese per vecchi) , fotografia di Roger Deakins (Jarhead, the Reader, il Grinta) e Alexandre Desplat alla colonna sonora (Babel, Fantastic Mr. Fox, Argo).
Invece abbiamo davanti tutt'altro : uno script che non ha nessuna originalità tipica dei Coen ma che riesce a gestire bene i numerosi flashback senza compromettere la fluidità della narrazione, colonna sonora imponente ma che non invade mai la recitazione, scenografia essenziale ma molto godibile. Dunque un prodotto privo di eccessi e di narcisismo, che lascia spazio alla sola narrazione già di per sè impegnativa e una recitazione rivelatoria di un cast di attori emergenti ma talentuosi che ne fanno da guida.



E' un film che sicuramente non ha come unico scopo l'esordio al cinema o il fare incetta di premi ma è un prodotto che va ben oltre: è un film che porta con sè un chiaro messaggio. "Ci sono momenti bui e difficili che sembrano essere senza speranza. ma la resilienza e la forza dell'essere umano sono qualcosa di straordinario"; perseveranza,  quindi, determinazione e forza del perdono. Valori essenziali che ai giorni nostri vanno sempre più svanendo per lasciare spazio a vendetta e rimorso, in un mondo dominato dalla competività in cui ormai il dono della vita viene dato per scontato, lo stesso dono per cui si combatte in ogni minuto di Unbroken (non voglio certo farvi la morale ma vi lascio questa frase come spunto per una sana meditazione ).

Come avrete capito è un film che mi ha fatto riflettere molto; non solo sull'aspetto umanitario ma anche sul modo di vedere e quindi apprezzare un film. Mi spiego meglio: siamo spesso abituati a sentire giudizi di cinefili pignoli che affontano un film con bisturi alla mano pronti a farlo a pezzi, a segmentarlo, a dividerlo in sezioni e giudicarle una ad una: sceneggiatura, montaggio, recitazione, fotografia... ( un po' come ho fatto io prima lol). Spesso però tralasciamo ciò che dà vita a un film, che sovente è il desiderio del regista di esprimere qualcosa, di dire la sua, di insegnare, di farsi ricordare per il messaggio che porta con sè.
Perciò ringrazio questo film per avermi fatto riflettere più di tante pellicole pluri acclamate di questa stagione cinematografica. Non sarà innovativo, non verrà osannato, ma non potremmo mai dire di aver perso tempo a guardarlo o che comunque, nel bene o nel male, non ci abbia sorpreso.



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