Si Alza il Vento di Miyazaki - Recensione
A un anno di distanza dalla prima
mondiale alla 70^ Mostra del Cinema di Venezia, esce nelle sale italiane
l’ultimo film d'animazione del maestro giapponese Hayao Miyazaki.
Il film ci trasporta nel Giappone del 1918 e il
giovane Jirō Horikoshi sogna un giorno di
diventare un pilota di aerei, ma presto si rende conto che a causa della sua
miopia non potrà realizzare il suo desiderio. Sarà il famoso pioniere
dell’aviazione G. Caproni, incontrato in un sogno, a consigliargli di
intraprendere la carriera di progettista per realizzare i migliori aerei del
mondo. Dopo qualche anno di dedizione allo studio, Jirō riesce a laurearsi in
ingegneria e inzia così la sua carriera di progettista alla Mitsubishi; il
tutto a malincuore poiché le sue creazioni, diventate armi di distruzione di
massa, verranno impiegate nella Seconda guerra Mondiale. Nel frattempo ritrova
Nahoko, fragile ragazza che aiutò durante un devastante terremoto e che lo
accompagnerà nella vita tra successi e sventure.
Siamo di fronte a un Miyazaki fuori dai suoi stessi canoni , lontano dallo stile dei grandi capolavori del suo passato: con “Si alza il Vento”, il regista porta al cinema un’opera non più metaforica e fantastica come da tradizione ma, al contrario, un’opera biografica, storica ed estremamente realistica, condita di personaggi realmente esisti tanto quanto gli eventi storici raffigurati.
Per “Kaze tachinu”, questo il titolo originale, il cineasta sceglie esplicitamente un pubblico più adulto e maturo, fornendogli un prodotto dalle peculiarità opposte rispetto a quelle del suo penultimo lavoro, “Ponyo sulla Scogliera”, e ci abbandona inermi davanti a eventi storici ed emotivi devastanti, costringendoci ad affrontarli di petto, senza coprirci gli occhi con la sua tipica mano di metafore sulla quale si poteva sempre contare, almeno nei suoi ultimi lavori.
Inoltre, il maestro si serve dei temi a lui più cari tra cui l’amore, l’ecologia, la guerra e il progresso tecnologico, ma quello che ci colpisce di più è certamente l’unione/contrasto tra realtà e finzione, ovvero l’incubo reale di un uomo costretto a progettare bombardieri ma che nei suoi sogni vede solo aerei carichi di famiglie.
il protagonista Jirō Horikoshi incontra nei suoi sogni Gianni Caproni, in passato ingegnere e pioniere dell'aviazione italiana e mentore di Jirō nel film |
Siamo di fronte a un Miyazaki fuori dai suoi stessi canoni , lontano dallo stile dei grandi capolavori del suo passato: con “Si alza il Vento”, il regista porta al cinema un’opera non più metaforica e fantastica come da tradizione ma, al contrario, un’opera biografica, storica ed estremamente realistica, condita di personaggi realmente esisti tanto quanto gli eventi storici raffigurati.
Screen tratto dal film di una scena che segue il terremoto di Kanto (1923) |
Per “Kaze tachinu”, questo il titolo originale, il cineasta sceglie esplicitamente un pubblico più adulto e maturo, fornendogli un prodotto dalle peculiarità opposte rispetto a quelle del suo penultimo lavoro, “Ponyo sulla Scogliera”, e ci abbandona inermi davanti a eventi storici ed emotivi devastanti, costringendoci ad affrontarli di petto, senza coprirci gli occhi con la sua tipica mano di metafore sulla quale si poteva sempre contare, almeno nei suoi ultimi lavori.
una serie di screen tratti dai maggiori successi di Miyazaki. (Il Mio Vicino Totoro, Porco Rosso, La Città Incantata, Il Castello Errante di Howl) |
Inoltre, il maestro si serve dei temi a lui più cari tra cui l’amore, l’ecologia, la guerra e il progresso tecnologico, ma quello che ci colpisce di più è certamente l’unione/contrasto tra realtà e finzione, ovvero l’incubo reale di un uomo costretto a progettare bombardieri ma che nei suoi sogni vede solo aerei carichi di famiglie.
È indiscusso l’amore del regista per il
tema del volo, manifestato anche nei suoi precedenti capolavori, solo per
citarne alcuni: Porco Rosso, il castello Errante di Howl , la Città Incantata e il celeberrimo Il mio
Vicino Totoro.
Per concludere, è proprio grazie a questo sconfinato amore per il volo che il regista salva il suo pubblico (e il protagonista) dall’abisso di malinconia provocato dalla cruda realtà conducendoli entrambi al di sopra delle nuvole, in un cielo di poesia fantastica e onirica in pieno stile Miyazaki, chiudendo così il suo ultimo capolavoro (e la sua carriera di regista) con una metafora che ci esorta a vivere lasciandoci trasportare dal vento, proprio come un cappello, un ombrello o un aeroplano.
Screen di alcune scene significative: spesso nel film, oltre agli aeroplani, alcuni oggetti prendono il volo alzati dal vento |
Per concludere, è proprio grazie a questo sconfinato amore per il volo che il regista salva il suo pubblico (e il protagonista) dall’abisso di malinconia provocato dalla cruda realtà conducendoli entrambi al di sopra delle nuvole, in un cielo di poesia fantastica e onirica in pieno stile Miyazaki, chiudendo così il suo ultimo capolavoro (e la sua carriera di regista) con una metafora che ci esorta a vivere lasciandoci trasportare dal vento, proprio come un cappello, un ombrello o un aeroplano.
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